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“Madre della Chiesa”. I tre documenti più importanti sulla Vergine Maria nel nostro tempo

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  • Articolo pubblicato:14 Dicembre 2020
  • Categoria dell'articolo:Divino Magistero

La mariologia del Concilio Vaticano II

Questo articolo della rubrica “Divino Magistero” ha lo scopo di approfondire l’importanza del ruolo di Maria Santissima nell’opera della redenzione attraverso il Magistero del Concilio Vaticano II nel capitolo VIII della “Lumen Gentium e di altri due documenti pontifici che riprendono e approfondiscono la dottrina conciliare: l’Esortazione apostolica “Marialis cultus” di papa Paolo VI e l’Enciclica “Redemptoris Mater” di papa Giovanni Paolo II. Indubbiamente si tratta dei documenti mariologici più importanti dopo la Costituzione  apostolica con cui Pio XII ha definito il dogma dell’Assunzione nel 1950.

LUMEN GENTIUM

La Lumen Gentium (in italiano: “Luce dei popoli”) è la seconda delle quattro costituzioni del Concilio Vaticano II, insieme alla Sacrosanctum Concilium, alla Dei Verbum e alla Gaudium et Spes. Essa fu promulgata il 21 novembre del 1964 da papa Paolo VI. Il tema trattato è la dottrina cattolica sulla Chiesa. Nello specifico riguarda la comprensione che la Chiesa ha di se stessa, la sua funzione nella vita dei credenti e la sua organizzazione. 

Il capitolo VIII, in particolare, ha costituito una svolta cruciale nella riflessione teologica sulla Beata Vergine Maria. Infatti, dopo un acceso dibattito, il Concilio ha deciso di non produrre un documento separato su Maria, per mostrare il profondo legame tra la mariologia e l’ecclesiologia. Il proemio chiarisce fin dall’inizio che non è intenzione del Concilio esporre una mariologia completa, ma soltanto mostrare l’intima relazione fra la Vergine e la Chiesa, perché entrambe hanno “accolto nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio”. Pertanto, il Vaticano II ha cercato di risvegliare il culto mariano concentrandosi sulla figura di Maria quale parte costitutiva dell’azione salvifica del Redentore, evidenziando il suo ruolo singolare nella missione della Chiesa. In tal modo, ha inteso favorire una devozione mariana non superficiale e sentimentalistica ma orientata ad assumere le stesse virtù di Maria, in quanto strumento eletto nell’edificazione della concordia e della vera fratellanza all’interno della comunità ecclesiale. 

In primis, la Costituzione conferma l’importanza della Madonna nell’economia della salvezza. Si legge, appunto, che, per volere di Dio, ella nasce libera dal peccato originale e che la sua spontanea cooperazione al piano salvifico di Dio la rende “madre dei viventi”. Di conseguenza è madre degli uomini nell’ordine della grazia, essendo madre del Mediatore e Redentore, Gesù Cristo. Perciò, la sua obbedienza, la sua fiducia e la sua maternità  divengono esempi per la Chiesa ed è a lei che i membri di essa si rivolgono quale “modello di virtù” mentre progrediscono nella fede, nella speranza e nella carità.

In seguito, la Lumen Gentium puntualizza che “Maria è stata esaltata, dopo suo Figlio, al di sopra di tutti gli angeli e gli uomini” ed è per questo motivo che si è sviluppato, in suo onore, un culto che va incoraggiato, evitando però le indebite esagerazioni affinché si continui a promuovere il suo ruolo corretto di intercessione.

Al termine del Concilio era stato affidato ai teologi il compito di approfondire ulteriormente il ruolo di Maria nell’opera della salvezza, in rapporto al mistero della Chiesa ma, negli anni immediatamente successivi, la loro attenzione fu rivolta ad altri temi e quindi la mariologia e la devozione mariana conobbero un momento di stasi. Furono poi san Paolo VI e san Giovanni Paolo II a cercare di promuovere il ruolo della Beata Vergine Maria nello studio e nella devozione con la promulgazione di alcuni documenti mariani.

MARIALIS CULTUS

La Marialis cultus (in italiano: “Il culto mariano”) è l’undicesima Esortazione apostolica di papa Paolo VI, promulgata il 2 febbraio 1974, festa della Presentazione del Signore, per il retto ordinamento e sviluppo del culto della Beata Vergine Maria.

Essa giunge inattesa, ma si inserisce nel contesto del Magistero di San Paolo VI che già aveva mostrato il suo grande interesse per la pietà mariana con documenti precedenti, quali le Encicliche Mense Maio e Christi Matri. Il documento accoglie e ripropone gli indirizzi fondamentali del Concilio Vaticano II, infatti afferma con convinzione che la venerazione della Madre di Dio è fondata sul ruolo da lei avuto nella fase storica dell’evento di Cristo e questa cooperazione nell’opera redentrice di Cristo continua lungo i secoli, grazie alla sua singolare preghiera di intercessione per ogni credente.

Ricordiamo che nel decennio 1964-1974 ci fu una preoccupante crisi mariologica, al punto tale che la mariologia scomparve in alcuni trattati teologici. Questo, tuttavia, non ha fatto venir meno la devozione nel popolo di Dio. Paolo VI avvertì la gravità della situazione e cercò di porvi rimedio. Un primo passo fu il pellegrinaggio a Fatima nel 1967 in occasione del 50° anniversario delle apparizioni e la pubblicazione dell’Esortazione apostolica “Signum magnum”, in cui affermò che la nostra era può essere considerata un’ “era mariana”.

Ma fu soprattutto tramite l’Esortazione apostolica Marialis cultus che san Paolo VI diede una risposta serena, pacata, senza toni polemici a dubbi e interrogativi emersi nel dibattito teologico e, più in generale, all’interno della Chiesa. In essa, il Papa compie una rassegna dei contenuti mariani dei libri restaurati dalla liturgia romana (1964-1974): il Calendario, il Messale, il Lezionario, la Liturgia delle Ore, i rituali per la celebrazione dei sacramenti, della professione religiosa, ecc. La Marialis cultus assume così la liturgia come punto di partenza e paradigma per comprendere il valore della devozione alla Santa Vergine.

È in questo orizzonte che il Santo Padre, affronta una delle questioni più delicate del culto mariano, che riguarda la sua collocazione nell’ambito del culto cristiano. La pietà mariana non dovrebbe mai essere considerata come un qualcosa di chiuso e di isolato rispetto ad altre forme di preghiera; la sua bellezza sta nell’essere una pietà di comunione e di raccordo, che da una parte confluisce verso Dio e dall’altra verso l’uomo. Per questo deve essere inserita nell’alveo dell’unico culto cristiano che trae origine ed efficacia da Cristo, dallo Spirito Santo e dal Padre. Paolo VI, inoltre, afferma che con gli esercizi di pietà mariani, i fedeli manifestano in modo cospicuo il posto che la Madre del Signore occupa nella Chiesa. Infatti, Maria è simultaneamente Madre e suo membro eminente, è il vertice della comunione dei santi che unisce la terra e il Cielo. La Vergine e la Chiesa sono perciò indissolubilmente unite. 

Nella seconda parte dell’Esortazione apostolica, il Papa si preoccupa che i pii esercizi siano sottoposti ad opportuna revisione, in modo che appaiano pervasi da ricchezza dottrinale, bellezza di forma, rispetto della tradizione ed insieme apertura alle istanze del nostro tempo. Per inquadrare tale compito, affidato alle Conferenze episcopali, alle diocesi, alle famiglie religiose, Paolo VI formula alcuni principi e orientamenti pratici.

Innanzitutto ricorda che la pietà mariana autentica è l’ambito in cui fioriscono la lode schietta e la supplica fiduciosa alla Vergine, l’imitazione delle sue virtù, ma anche lo spazio in cui ci si apre alla comunità ecclesiale e sociale, all’impegno per la pace, alla cultura della vita, alla tutela della dignità umana, alla promozione della donna, alla causa dell’unione dei cristiani, alla lotta contro la fame, e così via; essa è un fattore che concorre alla formazione dei veri discepoli di Cristo.

Inoltre, il Papa condanna, come fece il Concilio, il massimalismo e il minimalismo, le false esagerazioni e la grettezza di mente in rapporto alla devozione mariana. Egli propone, invece, un culto mariano che sia solido nel suo fondamento, adeguato al contenuto dottrinale e limpido nelle sue manifestazioni.

La terza parte del documento offre indicazioni su due pii esercizi molto diffusi in Occidente: l’Angelus Domini e il Rosario. 

Nella Conclusione, il Pontefice sintetizza il valore teologico e pastorale del culto della Vergine Maria. Esemplare è il seguente passaggio: «La pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano. La venerazione che la Chiesa ha reso alla Madre di Dio in ogni luogo e in ogni tempo – dal saluto benedicente di Elisabetta (cfr Lc 1,42-45) alle espressioni di lode e di supplica della nostra epoca – costituisce una validissima testimonianza che la norma di preghiera della Chiesa è un invito a ravvivare nelle coscienze la sua norma di fede. E, viceversa, la norma di fede della Chiesa richiede che, dappertutto, si sviluppi rigogliosa la sua norma di preghiera nei confronti della Madre di Cristo».

Paolo VI infine afferma che conoscere, celebrare e sperimentare la presenza viva di Maria è formidabile fermento di efficacia pastorale per il rinnovamento del vivere in  Cristo.

REDEMPTORIS MATER

Papa Giovanni Paolo II, durante il suo Pontificato, ha incentivato in modo significativo il culto mariano  e la riflessione mariologica, non solo attraverso i documenti magisteriali, ma altresì grazie alla testimonianza di una personale e vigorosa devozione alla Santa Vergine. Una devozione che lo ha portato a collocare una grande “M” blu sul suo stemma pontificio e a scegliere come motto episcopale le prime parole della consacrazione a Gesù per Maria di San Luigi Maria Grignion de Montfort: “Totus Tuus”.

Il suo documento pontificio più importante sulla Vergine Maria è indubbiamente la Lettera Enciclica “Redemptoris Mater” (in italiano: “Madre del Redentore”), pubblicata il 25 marzo 1987. Questa lettera ha certamente favorito un rafforzamento a livello universale della devozione alla Beata Vergine Maria, nel solco del magistero tracciato da San Paolo VI e dal Vaticano II. Inoltre, ha suscitato un rinnovato interesse dei teologi, che fino ad allora non avevano prestato molta attenzione al capitolo VIII della Lumen Gentium. Dunque si può affermare che l’enciclica ha contribuito in modo decisivo a un approfondimento dell’insegnamento della Costituzione Lumen gentium del Vaticano II sul tema del ruolo di Maria in rapporto al mistero di Cristo e della Chiesa.

La Redemptoris Mater è suddivisa in tre parti principali.

Nella prima parte, Giovanni Paolo II presenta Maria nel mistero di Cristo. Essa tratta i punti salienti della vita della Madonna: dall’Annunciazione, in cui troviamo Maria “piena di grazia” in virtù della sua elezione divina, all’Incarnazione che porta in grembo e dal suo fiat che la conduce ad un cammino di fede paragonabile a quello di Abramo. Infatti, proprio come quest’ultimo, essa credette e visse sempre rivolta a Dio. Il Papa, inoltre, sottolinea come “nell’espressione Beata colei che ha creduto possiamo trovare quasi una chiave che ci schiude l’intima realtà di Maria: di colei che l’angelo ha salutato come piena di grazia. Se come piena di grazia ella è stata eternamente presente nel mistero di Cristo, mediante la fede ne divenne partecipe in tutta l’estensione del suo itinerario terreno”.

La seconda parte dell’Enciclica — La Madre di Dio al centro della Chiesa in cammino — espone la speciale relazione che lega Maria e la Chiesa: la Vergine è presente nella Chiesa come colei che  ha creduto.

Maria «precede» nella fede il popolo di Dio, in modo tale che questa sua fede segna l’inizio della Nuova Alleanza come quella di Abramo segnò l’inizio dell’Antica, ed è come partecipata da «tutti coloro che, di generazione in generazione», accettano «la testimonianza apostolica della Chiesa» ed è ricercata come «sostegno per la propria fede». In questa prospettiva, la Lettera spiega altresì il rapporto che intercorre tra il mistero di Maria e la ricerca della comunione tra le diverse confessioni cristiane, ovvero con l’ecumenismo. Giovanni Paolo II scrive che «i cristiani sanno che la loro unità sarà veramente ritrovata solo se sarà fondata sull’unità della loro fede»; e a questo proposito il Santo Padre sembra proporre quasi un paradosso, in quanto sostiene che, pur costituendo il dogma mariano una delle «non lievi discordanze di dottrina» che ostacolano questa unità nella vera fede, il cammino dell’ecumenismo deve passare attraverso l’intercessione di Maria.

Il documento poi si sofferma sul legame tra il Magnificat”  di Maria e quello della Chiesa. La fede prodigiosa della Madonna, che fino al momento della Visitazione era rimasta nascosta, si sprigiona con il  canto del Magnificat. Anche la Chiesa, sull’esempio della Beata Vergine Maria, esprime la sua fondamentale professione di fede credendo fermamente che il male e le potenze del male non trionferanno, la vittoria dell’Onnipotente è già certezza. Infatti, «nel Magnificat detto da Maria, essa vede vinto alla radice il peccato posto all’inizio della storia terrena dell’uomo e della donna, il peccato dell’incredulità e della “poca fede” in Dio».

La terza parte è tutta dedicata a un punto di straordinaria importanza teologica ed ecumenica: la cooperazione di Maria all’opera salvifica di Cristo, che può essere considerata a tutti gli effetti una forma necessaria di “mediazione” in ordine alla salvezza dei credenti. Giovanni Paolo II ricorda la prima Lettera di Timoteo (2, 5-6): “Non c’è che un solo Dio, uno solo anche è il mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Gesù Cristo, che per tutti ha dato se stesso quale riscatto” e citando la Lumen Gentium (60), il Papa ci rammenta che “la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità, possiede un carattere specificatamente materno, che la distingue da quello delle altre creature che, in vario modo sempre subordinato, partecipano all’unica mediazione di Cristo, rimanendo anche la sua una mediazione partecipata“. Come due facce di una stessa moneta, la Madonna è sia un’unica Madre sia un’unica Mediatrice, infatti, è redenta da suo Figlio, sebbene si trovi con Lui nel momento dell’atto redentore sulla Croce, perché reca già i primi frutti della Redenzione nell’Immacolata Concezione ed è presso la Croce che si manifesta il nostro rapporto filiale con Maria.Si scorge qui il reale valore delle parole dette da Gesù all’apostolo Giovanni nell’ora della croce: Ecco la tua madre (Gv 19, 26-27). È una maternità nell’ordine della grazia, perché implora il dono dello Spirito Santo che suscita i nuovi figli di Dio, redenti mediante il sacrificio di Cristo: quello Spirito che insieme alla Chiesa anche Maria ha ricevuto nel giorno della Pentecoste”.

Concludendo, si potrebbe dire che la “Redemptoris Mater” suscita entusiasmo perché contiene una più profonda consapevolezza del ruolo di Maria nel mistero della nostra redenzione. Giovanni Paolo II ha saputo in questo modo ravvivare la scintilla del culto mariano, mostrandone l’intimo legame con l’autentica vita di fede, nella linea di quanto insegna il Concilio Vaticano II nel capitolo VIII della Lumen gentium. Questa Enciclica rappresenta pertanto una pietra miliare nella storia della mariologia.