Dopo i Santi Innocenti martiri di Betlemme (0-3 anni), che, senza parlare, hanno confessato Cristo con la vita, tra le numerose schiere di fanciulli santi se ne distinguono alcuni, di quattro anni o poco più, che brillarono per il loro straordinario amore a Gesù che testimoniarono in modo eroico durante la loro brevissima la vita.
«Lasciate che i bambini vengano a mee non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio» (Mc 10,14).
NELLIE ORGAN, “la piccola violetta di Dio”
Nellie (Ellen) Organ nacque il 24 agosto 1903 a Waterford, in Irlanda. Venne battezzata poco dopo la nascita nella chiesa della Trinità. A due anni Nellie mostrava una spiccata spiritualità rara in una bambina, così piccola: mentre andava a Messa tenendo la mano del padre, parlava costantemente del fatto che avrebbe visto il “Santo Dio”. Era una cosa che iniziò a dire apparentemente senza aver mai ascoltato un’espressione del genere. Anche suo padre ammise, anni dopo, di non avere idea del motivo per il quale la figlia aveva iniziato a dire “Santo Dio”. Nel 1906 la mamma Mary si ammalò gravemente di tubercolosi. Nellie, la più piccola dei suoi figli, rimase costantemente al suo fianco e la stava abbracciando quando morì nel gennaio 1907. Nellie aveva appena 3 anni.
Nellie Organ (24 agosto 1903 – 2 febbraio 1908)
Il padre non poteva offrire cure adeguate ai figli, e quindi si rivolse al parroco per ricevere aiuto per i suoi figli. Nellie e la sorella Mary vennero accolte dalla Suore del Buon Pastore di Cork l’11 maggio 1907. Le suore le trattarono con gentilezza ed erano molto buone con loro. Nellie era felice di chiamare tutte le religiose “madri”. Quando arrivò dalle suore, Nellie aveva tre anni e nove mesi. Una bambina di nome Mary Long dormiva accanto a lei. Nellie non si lamentava mai, ma Mary di notte la sentiva piangere e tossire. Lo disse alle suore e Nellie venne trasferita nell’infermeria della scuola. Dopo alcuni esami, si scoprì che Nellie aveva una frattura alla schiena (risultato di una grave caduta) che richiedeva cure speciali. Mettersi a sedere era molto doloroso per lei, e rimanere seduta per un po’ le provocava forti dolori. Ad appena tre anni cercava di nascondere il proprio dolore ma non ci riusciva, e tutto quello che potevano fare le suore era cercare di offrirle la maggiore comodità possibile. Si scoprì poi che, come la madre, aveva la tubercolosi a uno stadio avanzato. Il dottore disse alle suore che non c’erano speranze di recupero e diede a Nellie solo pochi mesi di vita.
Nellie vive per ben due mesi in infermeria e durante questo periodo resta particolarmente attratta dalla statua del Santo Bambino di Praga. Subito dopo averne conosciuto la storia, la piccola si innamora perdutamente di Gesù tanto da rivolgergli una supplica per la sua guarigione.
Il Santo Bambino di Praga
Nellie migliora e questo le fa acquistare un’enorme fiducia nel figlio di Dio. Un giorno chiede a Mary Long in regalo la statua di Cristo, viene accontentata e, dopo averla baciata e averle sussurrato parole di amore, la custodisce a terra tra le pentole e le padelle. Trascorre poco tempo che Nellie corre da Mary Long tutta eccitata raccontandole che la statua ha ballato per lei. La ragazza in un primo momento non le crede. Intanto la salute di Nellie peggiora di nuovo e iniziano a manifestarsi nella bambina i primi segni della sua incredibile fede. Mary Long racconta che, un giorno a causa delle faccende domestiche, non riesce a ricevere l’Eucarestia e quando incontra la bimbe scorge nei suoi occhi un severo rimprovero. La ragazza non sa spiegarsi come Nellie, confinata a letto, abbia potuto rendersi conto di questa sua mancanza ma le parole di Nellie fugano ogni dubbio: “Non importa, so che oggi non hai preso l’Eucarestia”. Intanto la tubercolosi indebolisce il corpo di Nellie. Dopo i polmoni anche la mandibola inizia a sgretolarsi a causa delle carie ma la piccola affida il suo dolore a Gesù. Un giorno suor Immacolata e la capoinfermiera vanno a visitarla dopo una notte di atroci sofferenze e le confidano di aver temuto per la sua vita ma la piccola risponde che per Gesù lei non è ancora abbastanza brava e afferma di averlo ospitato presso il suo letto tutta la notte. Le donne non le credono, e si ripromettono di non parlare mai più dell’accaduto. Nellie ha solo 4 anni e le sue sofferenze sono atroci. Ciò nonostante non se ne lamenta ma pone il Crocifisso accanto al suo letto e, quando il dolore diventa insopportabile, lo solleva con la sua piccola mano e, fissandolo, sussurra: “Povero Dio, Povero Dio. Cosa è il mio dolore se confrontato con quello che Egli ha sofferto sulla croce per me?”. Il suo desiderio di ricevere l’Eucarestia è talmente forte che quando viene delusa dalle aspettative a causa della sua giovane età, ormai costretta a letto dolorante, Nellie piange per l’amarezza e quando le viene chiesto se necessita di qualcosa, lei risponde malinconica: “Sto solo pensando a Dio”.
È il 6 dicembre del 1907 quando Nellie finalmente riceve la sua prima Comunione a soli 4 anni.All’inizio del 1908 la piccola non riesce a trattenere nemmeno un cucchiaio di brodo eppure ha parole di conforto per chi piange per lei: “Perché sei triste? Dovresti invece essere felice perchè sto per raggiungere Dio” e si preoccupa di pregare per le mamme con bambini affinchè guariscano dalle loro malattie. Un giorno Nellie sotto richiesta decide di pregare per la guarigione di un padre gesuita e le sue parole profetiche sorprendono tutto: “Guarirà ma non potremo mai incontrarci”. Nellie conosce il giorno della sua morte: domenica. Nonostante le terribili sofferenze e la debolezza, la piccola non si arrende e, quando gli altri pensano che sia giunta la sua fine, Nellie raccoglie le sue ultime forze e continua a lottare. E’ il 2 febbraio del 1908 quando la bambina, verso le 3:00, si calma restando immobile per un’intera ora. Sembra fissare qualcosa ai piedi del letto. All’improvviso i suoi occhi si riempono di lacrime, lacrime di gioia. La piccola tenta di avvicinarsi a quel “qualcosa”, lo guarda con desiderio e poi sorride. Dal movimento delle sue labbra sembra parlare con qualcuno, quindi alza gli occhi seguendo una presenza che sembra, ora, librarsi sulla sua testa. Quindi di nuovo un sorriso estatico e poi la morte. Nellie si spegne domenica 2 febbraio del 1908 alle 4 del mattino a solo quattro anni, cinque mesi e otto giorni.
(fonte: papaboys.org)
EMMA MARIANI, “la primula del Tabernacolo”
Emma Mariani (Lucca, 11 novembre 1911 – 26 luglio 1916)
Emma Mariani nacque a Lucca l’11 novembre del 1911. Dal Tabernacolo santo Gesù attirava a sé la bambina con un prodigio veramente mirabile. Aveva poco più di due anni, quando cominciò ad accompagnare alla chiesa la zia Cesarina. Le chiesine e le cappelle dei conventi, il più delle volte, non danno nell’occhio, passano inosservate, ma Emma le distingueva con un istinto soprannaturale e, passando vicino, subito esclamava: «Sento il profumo che viene da Gesù!». «Gesù dev’essere vicino… Dove sarà mai?.. Non vedo nessuna chiesa!». «Là v’è una chiesa delle Suore del convento,» disse un giorno qualche passante che sentì «ma è chiusa». Nella cappella era esposto all’adorazione il SS. Sacramento. Emma si avanza, s’inginocchia, adora Gesù, gli tende le manine piene di baci, poi prega sommessamente. La zia Cesarina le dice pian piano che è ora di alzarsi e di tornare a casa; ma la piccola Emma non sente, è come in estasi. Lancia ancora una volta le manine piene di baci verso il Santissimo, fa un profondo inchino, bacia il pavimento e dice alla zia: «Perché te ne stai così immobile? Perché non t’inginocchi e non baci il pavimento?». «L’ho già fatto… e poi perché baciare il suolo?». «Ma non sai che Gesù è presente? non lo vedi? non lo senti tu?… Via, inginocchiati!… Non sai che Gesù è Dio?… Sì, un Dio grande, e noi siamo così piccini!…». Così dicendo, abbassa le sue manine fin quasi al suolo e dice: «Guarda, così piccini noi siamo! Ma Gesù è grande, molto grande… ». E, alzando le manine sopra il capo in punta di piedi, soggiunge: «Vedi, egli è così grande da toccare il cielo! Dunque inginocchiati!». La zia si mostra impaziente e tronca subito: «Andiamo, è tardi!». Allora Emma sospira dal fondo del suo piccolo cuore: «Povero Gesù!… ma io ti amo con tutto il mio cuore!». Quando le domandavano chi mai le avesse insegnate tutte queste cose, rispondeva: «Nessuno, io sento tutto qui dentro;» e metteva la manina sul cuore«Gesù me lo ha detto, Egli mi dice tante, tante cose». Un giorno le chiesero: «Dio vede tutto?». «Certamente, tutto… il suo sguardo penetra nei cantucci più segreti, anche qui dentro». E mise la mano alla fronte. «Che cosa hai là dentro?». «Che avrò mai? Ci ho tutti i miei piccoli pensieri». «Sono tanti?». «Io ho un solo pensiero: penso a Gesù». Dopo un po’ di riflessione aggiunse: «No, anzi ne ho molti! Penso a Gesù, al cielo, alla Madonna, ai cari Angioletti, ai Santi…». E diceva sempre: «Ho tante cose nel mio cuore, cose tutte mie, delle quali parlo solo a Gesù!».
Il Bambino Gesù e la bambina Emma L’amore di Emma per Gesù Bambino era commovente. Ogni sera faceva una visita alla chiesa di S. Simone, dove era esposta alla venerazione dei fedeli una graziosa statua del Bambino Gesù. Gli mandava baci a piene mani e con infantile confidenza gli diceva: «Tu lo sai, caro Bambino, che ti voglio tanto tanto bene!… Io ti dono il mio cuoricino, ma anche Tu devi donarmi il tuo!». E le pareva di udire la voce di Gesù: «Presto ti prenderò in paradiso con gli angeli santi».
L’amore a Gesù Bambino destò in lei una grande pietà per i piccoli pagani, tanto che sul letto della sua malattia pregava con insistenza i familiari: «Tutto il denaro che dovreste spendere per me, donatelo pure ai poveri bambini pagani, perché anch’essi imparino a conoscere e ad amare Iddio!… Non è vero che me lo promettete?».
La piccola penitente Grande era il suo desiderio di ricevere la S. Comunione: sentiva addirittura fame del Pane celeste. E venne questo giorno sospirato a portarle la gioia più grande della sua piccola vita: fu il 18 novembre 1914. Emma aveva tre anni. Il suo visino raggiava di beatitudine, ma nello stesso tempo era devota e raccolta come un angelo. Vivace per natura, anch’ella giocava e scherzava volentieri come tutte le bambine; ma quando si metteva in ginocchio davanti al Tabernacolo, dimenticava tutto ciò che prima la divertiva. Gesù viveva in lei, ella viveva con Gesù. Emma andava spesso alla S. Comunione, ma una volta le venne il desiderio di confessarsi. Si fece coraggio e con tutta disinvoltura entrò in sacristia, dove appunto si trovava il Can. Francesco della Santina e gli chiese umilmente e con bel garbo: «Signor Canonico, vorrebbe ascoltare la mia confessione?». «Oh! sì, bambina mia. Attendi un po’ che finisca la funzione al S. Cuore dì Gesù». «Grazie!». Dopo la funzione Emma si presentò al confessionale del buon Canonico. «Cara bambina» le chiese «hai piacere di ricevere la prima santa Comunione?». «Oh! Padre, la prima S. Comunione l’ho già ricevuta, ma non mi hanno permesso di fare la confessione». «Vai di frequente a comunicarti?». «Ogni giorno, se posso». «Ci vai volentieri?» «Molto volentieri, Padre!». Da quel giorno Emma andava spesso a confessarsi, e aveva gran cura di osservare quanto le veniva suggerito. La prima volta il confessore le disse di recitare l’atto di dolore, ma la piccina osservò: «Padre, non lo so». «Allora lo reciterai con me, vero?». Ed essa ripeté le parole del confessore con visibile compunzione di cuore. «Bambina mia, devi imparare a memoria l’atto di dolore: ci arrivi bene». «Oh! sì, Padre, la prossima volta lo saprò a memoria!». E fu proprio così. Il sabato seguente, quando tornò a confessarsi, tutta giuliva e soddisfatta: «Padre,» disse «le assicuro che questa volta so l’atto di dolore».
La morte Emma s’ammalò ed ebbe molto a soffrire. Quando col pettine le ravviavano i capelli, provava dolori così acuti da non poter trattenere qualche gemito di lamento. La zia, mentre la pettinava, le parlava dei dolori di Gesù, specialmente dello strazio che Gli cagionò la coronazione di spine. Allora Emma riusciva a vincersi e soffocava ogni espressione di dolore. La salute della piccina deperiva a vista d’occhio. Il 10 luglio 1916 andò in chiesa a ricevere la santa Comunione; ma il giorno seguente dovettero portarla a braccia, tanto era debole! Quando fu in chiesa, domandò che la mettessero in terra perché voleva andare da sé, senza appoggio di alcuno, fino al suo divino Amico. Dal 15 luglio non poté più lasciare il suo letticciolo. Quale dolore per la piccina! Piangeva amaramente, non già per il male che la consumava, ma perché non poteva ricevere Gesù. Le promisero che la Comunione le sarebbe stata portata in casa; bastò questo per calmarla. «Sta bene!» disse. «Per oggi farò un piccolo sacrificio a Gesù». Solo il 25 luglio fu esaudito il desiderio della devota bambina. Gli ultimi tre giorni si mostrò insensibile a tutto; pareva non vedesse e non udisse nulla delle cose esteriori, ma tranquilla e paziente aspettava l’angelo che. la portasse in paradiso. Il 26 luglio 1916 l’angelo scese a cogliere la primula del Tabernacolo. La sua vita fu breve, ma ricca di contenuto, piena di Gesù. Un solo amore riempì e scaldò quel piccolo cuore: l’amore a Gesù. Uno solo il desiderio vivissimo e sospirante della sua piccola vita: unirsi a Gesù in cielo. (fonte: santiebeati.it)
LUCA PASSAGLIA
Luca Passaglia (Modena, 29 marzo 1999 – Torino, 21 gennaio 2004)
Luca Passaglia nacque nel modenese il 29 marzo 1999. La mamma Teresa, quando aveva scoperto di essere incinta, era corsa nella chiesa di San Pietro a Fondi, dov’era in villeggiatura, e aveva affidato il nascituro alla Vergine Maria. Luca venne battezzato il 31 maggio e, tornato a casa, fece il suo primo sorriso spontaneo. Nel corso delle passeggiate mattutine, la madre portava Luca in chiesa, per una visita a Gesù nel Santissimo Sacramento; da quando ebbe dieci mesi, invece, gli fece prender parte alla Messa domenicale, che il piccolo seguiva in silenzio. Pregava dapprima a modo suo, poi con le formule tradizionali, appena le imparò (le sue preferite erano la Sequenza allo Spirito Santo, che sapeva per intero, e la Salve Regina) sia recitate sia in canto. Il suo sviluppo, per il resto, era quello di un bambino comune: gli piaceva giocare con le costruzioni e con un piccolo aspirapolvere, col quale fingeva di aiutare la madre nelle pulizie di casa. Amava anche disegnare e prendersi cura, per quel che poteva, del fratello Giovanni, nato nel 2001. La sua vita cambiò la sera del 22 maggio 2002, quando iniziò ad avvertire dei dolori alle gambe e non riusciva a camminare. I genitori decisero di fargli avere l’Unzione degli Infermi. Una visita specialistica a Torino fornì la diagnosi: il bambino era affetto da una forma molto rara di neuroblastoma infantile all’ultimo stadio. Lo sconvolgimento che prese i genitori Teresa e Andrea fu sostituito, col tempo, dalla decisione di “dire sì al Signore”. Le cure, a cui Luca reagiva bene, lo tennero in ospedale per nove mesi. Era molto debole e sopportava a fatica l’essere circondato da estranei vestiti con abiti protettivi e mascherine, almeno finché non capiva che operavano per il suo bene. Si alimentava solo con succhi di frutta e latte con miele, tanta era la nausea che lo prendeva, di cui però non si lamentava mai, anzi, manteneva la grande dolcezza di sempre. Operato al surrene destro, dove si era annidata la massa tumorale, si riprese in breve tempo. Ad un tratto, poco dopo l’operazione, si rivolse a Teresa: «Mamma, Gesù ci ascolta! Dillo un po’». Lei dovette ripetere la frase per tre volte. Durante la malattia Luca si rivolgeva spesso al suo amico Gesù e alla Madonnina per riuscire a sopportare il dolore. Spesso pregava spontaneamente il suo angelo custode per gli altri bambini ricoverati. Nella primavera del 2003 venne dimesso da Torino, ma il responsabile delle cure avvertì i Passaglia della possibilità di una recidiva. Nei fine settimana, tutti insieme presero a visitare dei luoghi significativi di pellegrinaggio: degno di nota è il viaggio a Roma, con tappa presso Santa Croce in Gerusalemme, presso la tomba della Venerabile Antonietta Meo. Teresa, infatti, si era spesso rivolta a colei che i devoti chiamano “Nennolina”, durante il periodo di degenza, in nome dell’affinità spirituale col suo caso. Luca intanto cresceva e si mostrava sempre più intelligente: apprese a memoria le tabelline e imparò a scrivere brevi pensierini sia a mano che con la macchina da scrivere. Una notte, nell’ottobre 2003, il piccolo si svegliò urlando. Di lì a venti giorni venne nuovamente ricoverato: aveva dolori nelle braccia e nelle spalle, poi gli si gonfiarono gli occhi e la fronte, dato che le cellule tumorali erano localizzate lì. La mamma provò ad insegnargli come offrire la sua sofferenza sulla scorta dei pastorelli di Fatima. Forse ci riuscì, dato che Luca, in una sua letterina, si espresse così: «Vado in ospedale a offrire a Gesù». Intorno al 10 gennaio 2004 peggiorò: ebbe problemi respiratori, ma accettò di buon grado di indossare la maschera respiratoria. Nove giorni dopo, i medici non gli diedero più di due settimane di vita. La madre accusò il colpo con una forte emicrania: al vederla star male, il bambino, ormai agonizzante, si sforzò di recitare ad alta voce il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria al Padre. Il 20 gennaio a Luca furono amministrati, dopo aver ottenuto i necessari permessi dall’Arcivescovo di Torino e dal Vescovo di Ivrea, i Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana. Di lì a poco, fu chiaro a tutti che la morte stava arrivando. Il bambino aveva un ultimo invito per i suoi genitori ormai stanchi: «Pregate il Rosario». L’indomani mattina, 21 gennaio, memoria di Sant’Agnese, Luca lasciava questa terra per entrare nella gioia eterna del Paradiso.