"Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino"
Salmo 119,105
Quarta Domenica di Quaresima (Anno C)
Fratelli o rivali?
COMMENTO ALLA PAROLA DEL 27 MARZO 2022
don Francesco Pedrazzi
Gs 5,9-12 Sal 33 2Cor 5,17-21 Lc 15,1-3.11-32
COMMENTO ALLA PAROLA DEL 27 MARZO 2022
«Se, per assurdo, dovessi trovarmi su un’isola deserta con una sola pagina della Bibbia, sceglierei questa parabola del figlio perduto e ritrovato, perché qui c’è tutto il Vangelo, anzi tutta la Scrittura». Una volta mi capitò di ascoltare queste parole e credo che, pur essendo paradossali, dicano qualcosa di vero. Questa pagina, conosciuta anche come “la parabola del figliol prodigo” o “la parabola del padre misericordioso” è una sintesi meravigliosa del messaggio di Gesù e della storia della salvezza.
Ci fa intuire la grandezza vertiginosa e la totale gratuità dell’amore di Dio per noi. Ci fa capire che l’amore più grande domanda prima di tutto un rispetto assoluto della libertà altrui: l’amore, quando è autentico accetta anche di essere rifiutato, accetta di lasciar partire l’amato! Il contrario non è amore, ma smania egoistica di possesso.
Dio ci lascia liberi di allontanarci da Lui, a “malincuore” perché sa che così facendo richiamo di perdere la nostra dignità e di divenire schiavi dei nostri peccati. Infatti, il figlio minore «cominciò a trovarsi nel bisogno» e si mise sotto un padrone che non gli dava nemmeno le carrube dei porciper sfamarsi! Questa è un’immagine eloquente che rappresenta le miserevoli condizioni a cui ci conduce il peccato. Non è Dio che “manda un castigo”, ma chi pecca, cioè si allontana da Dio, si fa del male da solo: «Chi pecca, danneggia se stesso» (Sir 19,4).
Il figlio torna dal padre, ma poiché sa di aver sbagliato si aspetta di essere trattato con durezza, come un servo, per quello che merita. E invece, ecco la meravigliosa sorpresa: il padre fa festa perché quel figlio che era come morto, perduto, è tornato in vita. È ciò che avviene ogni volta che ci accostiamo al Sacramento della Riconciliazione: risorgiamo a nuova vita e Dio fa festa per noi! Non ci rinfaccia le nostre mancanze, perché è davvero un padre, perché ci ama come soltanto un padre o una madre possono amare!
Certo, la festa di questo padre è rovinata dalle recriminazioni del figlio maggiore. Si può vivere da una vita nella casa del padre e avere ancora un cuore farisaico e vedere in ogni fratello un rivaleo un avversario. Povero padre! Un figlio gli aveva chiesto l’eredità in anticipo e se n’era andato e ora che era tornato… ecco l’altro figlio mostra di avere un cuore tanto diverso dal suo… eppure, con umiltà e pazienza, esce a pregarlo: «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
E io? A chi assomiglio? Credo che in Gesù “ho già tutto” (cfr. Rm 8,32) e che tutto è un dono immeritato del Padre oppure accampo pretese davanti a Dio perché mi credo bravo e buono e recrimino quando qualcuno che ha sbagliato viene trattato con misericordia? Misuro le persone come dei rivali, secondo i loro meriti, o le guardo come fratelli e sorelle da accogliere con misericordia, senza tener conto dei loro errori?
Lasciamoci riconciliare con Dio, per poterci riconciliare con i fratelli. Amen!