Le lettere encicliche per la promozione e la difesa della Vita umana di San Giovanni Paolo II e San Paolo VI
L’Evangelium Vitae – “Il Vangelo della vita” – è una Lettera enciclica scritta da Papa Giovanni Paolo II, promulgata il 25 marzo 1995, solennità dell’Annunciazione del Signore. Essa, per i temi trattati e per la sua completezza magisteriale, può essere accostata all’enciclica Humanae Vitae di Papa Paolo VI del 25 luglio 1968, a cui si accennerà nella seconda parte dell’articolo.
Vista l’importanza degli argomenti affrontati, è bene sottolineare che il documento è frutto di una lunga elaborazione che aveva coinvolto l’episcopato di tutto il mondo; infatti, nella Pentecoste del 1991, il Santo Padre aveva inviato una lettera personale a ciascun vescovo per avere la sua collaborazione nella stesura di uno specifico testo, richiesto dai cardinali nel Concistoro straordinario del 4-7 aprile 1991, che avrebbe dovuto “riaffermare con l’autorità del Successore di Pietro il valore della vita umana e la sua inviolabilità, in riferimento alle attuali circostanze ed agli attentati che oggi la minacciano” (n. 5).
L’Evangelium Vitae è, indubbiamente, forte e profetica; essa è capace di offrire a chiunque la legga spunti di notevole utilità per comprendere lo spirito autentico della bioetica, vale a dire quello personalista, mirato alla tutela di tutti gli esseri umani, senza distinzioni.
Attraverso una panoramica iniziale sulle minacce alla vita umana nel passato e nel tempo presente, il documento illustra una breve storia dei passaggi biblici che condannano la soppressione della vita. Alla luce di questi fatti, il Papa prende direttamente in esame azioni specifiche, tra cui l’aborto, che viene definito, citando Tertulliano, “un omicidio anticipato per impedire a qualcuno di nascere” (n. 61); l’eutanasia, che Giovanni Paolo II chiama “preoccupante «perversione» della pietà” (n. 66) e la pena di morte. Il Santo Padre inoltre ammonisce le legislazioni di molti Paesi che hanno acconsentito a non punire o addirittura a riconoscere la piena legittimità di tali pratiche contro la vita. Questo è sintomo e causa di un grave crollo morale, che induce la coscienza umana, quasi ottenebrata da così vasti condizionamenti, a non saper distinguere più il bene dal male, anche in vista della “cosa” più preziosa che è la vita.
«Domanderò conto a ognuno di suo fratello» (Gn 9,5)
L’Enciclica ricorda il dato biblico: l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio; è quindi manifestazione del suo infinito amore, segno della sua presenza, orma della sua gloria. Il Papa sottolinea che la vita che ci viene offerta è un dono gratuito e che, pertanto, Dio esige che sia amata, rispettata e promossa. La vita è affidata da Dio all’umanità come un tesoro da non disperdere, di essa deve rendere conto al suo Signore. Ciò comporta che l’uomo non può disporre liberamente della vita, sua e degli altri. Qualora venisse usurpata, sarà Dio stesso a farsi giudice severo di ogni violazione del comandamento posto alle basi dell’intera convivenza sociale: “Non uccidere”.
«Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11,26)
Giovanni Paolo II precisa che “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi”. “Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza” (Sap 1,13-14). Per questo motivo la vita umana è sacra e inviolabile perché fin dal suo inizio comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine.
Noi cristiani siamo il popolo della vita perché Dio, nel suo amore gratuito, ci ha donato il Vangelo della vita, dal quale siamo stati trasformati e salvati, perciò chiunque crede in Gesù ed entra in comunione con lui ha la vita eterna.
«Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18)
È bene osservare che la svolta culturale, attualmente in atto, richiede da tutti il coraggio di assumere un nuovo stile di vita a livello personale, familiare, sociale e internazionale con scelte concrete e una giusta scala di valori.
Dobbiamo passare dall’indifferenza al provare interesse sincero per l’altro e dal rifiuto alla sua accoglienza, tenendo presente che tutti hanno un ruolo importante da svolgere. Di conseguenza siamo chiamati a farci prossimi di ogni uomo, soprattutto al più povero e bisognoso, come i discepoli di Gesù.Ricordiamo che: la fede senza le opere è morta in se stessa! (Gal 2,14-17).Il Papa pertanto invita a formare una coscienza morale e a riscoprire il nesso tra vita e libertà. Infatti, essi sono beni indivisibili; dove è violato l’uno, anche l’altro finisce per esserlo: non c’è vera libertà dove la vita non è accolta e amata; e non c’è vita piena se non nella libertà.
«Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12,1)
L’enciclica termina con la contemplazione della maternità di Maria Santissima, incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita. Da qui la Chiesa scopre il senso della propria maternità e il modo in cui è chiamata ad esprimerla, consapevole di portare in sé il Salvatore, Cristo Signore, e di doverlo donare al mondo, rigenerando così gli uomini alla vita stessa di Dio. Perciò Maria aiuta la Chiesa a prendere coscienza che la vita è sempre al centro di una grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Nel Libro dell’Apocalisse il drago vuole divorare “il bambino appena nato” (Ap 12,4), figura di Cristo, che Maria genera nella pienezza del tempo ma Egli rappresenta ogni uomo, ogni bambino, ogni creatura specie se è debole e minacciata, perché con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito all’intera umanità.
La Madonna è vivente parola di consolazione per la Chiesa nella sua lotta contro la morte. Infatti, nel Nome di Gesù, Lei ci assicura che tutte le forze delle tenebre sono già sconfitte. L’Agnello immolato vive lo splendore della risurrezione. Solo Lui domina tutti gli eventi della storia: ne scioglie i “sigilli” (Ap 5,1-10) e afferma nel tempo il potere della vita sulla morte. Dunque, volgiamo lo sguardo alla Vergine Maria segno di sicura speranza e consolazione.
L’ENCICLICA HUMANAE VITAE
La Humanae Vitae è l’ultima Enciclica scritta da San Paolo VI, volta a specificare la dottrina sul matrimonio così come definita dal Concilio Vaticano II. Il documento ribadisce la connessione inscindibile tra il significato unitivo e quello procreativo dell’atto coniugale; dichiara perciò l’illiceità di tutti i metodi artificiali per la regolazione della natalità: non solo l’aborto, ma altresì la sterilizzazione e la contraccezione. Sono invece da considerare leciti i metodi “naturali”, basati sulla conoscenza dei periodi di fecondità.
Il matrimonio «è stato sapientemente… istituito da Dio creatore per realizzare nell’umanità il suo disegno d’amore».
L’amore coniugale è «prima di tutto amore pienamente umano», il che significa «sensibile e spirituale» e non semplice trasporto istintivo. È «atto della volontà libera» destinato ad accrescersi mediante gioie e dolori ed è «amore totale» nonché «amore fedele ed esclusivo». È infine «amore fecondo» che suscita nuove vite.
Gli sposi devono conoscere e intendere correttamente la loro «missione di paternità responsabile», il che comprende la conoscenza delle leggi biologiche, il necessario dominio sugli istinti, una valutazione ponderata dei fattori economici, e «ancora e soprattutto» un riferimento all’ordine morale stabilito da Dio. I rapporti intimi tra gli sposi devono rimanere aperti alla trasmissione della vita.
Papa Paolo VI ribadisce che sono da condannare l’aborto, anche per ragioni terapeutiche, la sterilizzazione, anche temporanea, e qualsiasi azione che abbia lo scopo di impedire la procreazione. Non vale neppure l’eventuale motivazione di scegliere il male minore.
Sono invece permesse le cure mediche, anche se ne risultasse un impedimento alla procreazione, se la volontà cerca la cura e non l’impedimento. Ed è anche lecito sfruttare l’opportunità di periodi infecondi (ossia i metodi naturali) perché in questo caso si usufruisce di una disposizione naturale, mentre con altri metodi si impedisce lo svolgimento di un processo naturale. Per di più, anche dal punto di vista psicologico e sociale i metodi artificiali producono una serie di ulteriori inconvenienti, ad esempio sopprimono l’esercizio dell’attesa e del rispetto dell’altro, favorendo una comprensione svilente dell’atto sessuale come mero e immediato soddisfacimento di un bisogno fisiologico.
La Chiesa «ha compassione della folla, accoglie i peccatori; ma non può rinunciare a insegnare la legge che in realtà è quella propria di una vita umana restituita nella sua verità originaria e condotta dallo Spirito di Dio.»