L’Haurietis Aquas (in italiano “Attingerete acqua”) è la XXXII enciclica di papa Pio XII, pubblicata il 15 maggio 1956 in occasione del centenario dell’estensione della festa del Cuore di Gesù a tutta la Chiesa.
La Lettera fu scritta in un momento in cui si percepiva una crisi di questa particolare forma devozionale. Infatti, soprattutto in Europa, la spiritualità del movimento liturgico si nutriva del modello classico della liturgia romana che ha dominato in modo sempre più forte il clima spirituale nella Chiesa. Questo modello si basava su una forma rigorosa delle orazioni romanee non lasciava alcuno spazio al sentimento popolare. A ciò corrispondeva anche un modello teologico che voleva orientarsi totalmente alla Sacra Scrittura e ai Padri e doveva prendere le sue misure in modo altrettanto rigido sulle leggi oggettive del cristiano. Pertanto, i punti di forza di natura più emozionale, che l’epoca moderna aveva trasmesso, dovevano essere di nuovo ricondotti a questa forma oggettiva.
Pio XII – preoccupato dalla situazione di stallo che si era creata – con la stesura dell’Enciclica volle superare questo pericoloso dualismo tra liturgia e devozione, cercando di conciliare entrambe e di condurre l’una verso l’altra in un rapporto proficuo, senza dissolverle l’una nell’altra.
Perciò, il grande valore del documento sta, da un lato, nell’avere evidenziato i fondamenti biblici (nn. 12-19), patristici (nn. 24-25) e teologici (nn. 26-28) del culto al Sacro Cuore e, dall’altro, nel sottolineare l’importanza delle pratiche devozionali attraverso le quali si manifesta la riconoscenza dei cristiani verso Dio che si è fatto uomo per la salvezza del mondo.
Un Cuore che ci ama
«Attingerete con gioia acqua alle sorgenti della salvezza» – Is 12,3
L’Enciclica inizia con quelle parole profetiche di Isaia 12,3 delle quali il Signore, in Gv 7, 37-38, annuncia di essere lui stesso il compimento nel suo Mistero pasquale:
«Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno».
Quindi il costato trafitto del Redentore è la sorgente alla quale ci rimanda Pio XII e solo a essa dobbiamo attingere per raggiungere la vera conoscenza di Gesù Cristo e sperimentare più a fondo il suo amore.
Alla luce della Bibbia, inoltre, il Cuore di Gesù è visto come il «principale simbolo e indice» dell’amore divino che ha in comune con il Padre e lo Spirito Santo. Pertanto, è utile precisare che soltanto con un atteggiamento di umile preghiera e di generosa disponibilità è possibile costruire un’intima unione con Dio, rendendo così il rapporto con Lui vivo e fecondo. Ciò significa che l’ardente contemplazione del Sacratissimo Cuore trasforma gli uomini e le donne, facendoli divenire sensibili alla volontà salvifica di Dioe più attenti alla sofferenza e al bisogno degli altri a imitazione di «Colui che ha assunto la natura umana» e «che ha donato la vita per i suoi amici».
Ricordiamo, infatti, che il cuore di Gesù, aprendosi con puro spirito di liberalità, ha salvato l’intero genere umano. Esso dunque ci invita a donarci a nostra volta a lui per costituire insieme la pienezza dell’amore che sola è eternità e conserva il mondo.
Un amore da accogliere
Il Santo Padre prosegue la trattazione approfondendo il tema dei doni del Cuore di Gesù coincidenti fondamentalmente con le realtà basilari della vita cristiana. Lo sguardo al costato trafitto del Signore, dal quale scorrono sangue e acqua, ci aiuta appunto a riconoscere la moltitudine dei doni di grazia che da lì provengono. In modo particolare, Pio XII si sofferma su quelli più importanti, che sono:
i Sacramenti, specialmente la Ss. Eucaristia e il Sacerdozio;
la Santissima Vergine, dono preziosissimo dell’amore infinito del Signore che ha reso Maria la madre spirituale dell’intera umanità;
la Chiesa, sua Sposa, che ha arricchito con i molteplici carismi dello Spirito Santo.
Successivamente, dopo aver illustrato i benefici che la devozione al Sacro Cuore comporta, il Pontefice invita i cristiani a chiedere incessantemente i doni di cui hanno bisogno attraverso la pratica di adorazione al Cuore sacratissimo di Gesù
«in quanto è compartecipe ed il simbolo più espressivo di quella inesausta carità, che il Divin Redentore nutre tuttora per il genere umano. Esso, infatti, benché non sia più soggetto ai turbamenti della vita presente, è sempre vivo e palpitante, e in modo indissolubile è unito alla Persona del Verbo di Dio e, in essa e per essa, alla divina sua volontà. Perciò, essendo il Cuore di Cristo ridondante di amore divino ed umano, e ricolmo dei tesori di tutte le grazie, conquistati dal Redentore nostro con i meriti della sua vita, delle sue sofferenze e della sua morte, è senza dubbio la sorgente di quella perenne carità, che il suo Spirito diffonde in tutte le membra del suo Corpo Mistico».
Un dono da vivere e trasmettere
L’Haurietis Aquas si conclude affermando che il culto al Cuore di Gesù è la «professione pratica più completa della religione cristiana», la quale è «sommamente atta a raggiungere la perfezione cristiana». Essa è «la scuola più efficace della divina carità», una devozione idonea a curare i mali del mondo e a spingere alla pratica del Vangelo.
La devozione al Sacro Cuore, così intimamente legata alla Scrittura, alla Tradizione, alla Liturgia, non deve perciò essere trascurata o disprezzata, ma amorosamente studiata e coltivata. Infatti, i frutti di carità, di giustizia e di pace, che ha portato nel passato sono quanto mai necessari anche oggi.
Va anche ricordato che la sua pratica non si colloca in contrasto con altre forme di pietà e di preghiera, anzi promuove, in primo luogo, il culto eucaristico e la devozione mariana. Da qui si comprende che l’amore al Cuore di Gesù non è una devozione sorpassata, ma una proposta estremamente attuale per la vita cristiana.
La discepola prediletta del Sacro Cuore
«Ecco il mio Cuore dove siete nati, voi fedeli, voi mia Chiesa, come Eva è nata dal costato di Adamo. Vedete come la lancia lo ha aperto, affinché vi fosse aperta la porta del Paradiso».
Sant’Antonio da Padova in una sua omelia
Nella prima metà del Trecento, Sant’Antonio da Padova sembra anticipare una devozione, quella al Sacro Cuore, che ha avuto negli ultimi secoli della storia della Chiesa un’enorme diffusione, legata alla figura di Santa Margherita Maria Alacoque.
Questa suora dell’Ordine della Visitazione, fondato nel 1610 da San Francesco di Sales, nei quarantatré anni della sua breve vita conobbe grazie straordinarie. Infatti, Gesù l’aveva scelta per far conoscere a tutto il mondo il Suo Sacro Cuore, sorgente del Suo amore infinito per gli uomini.
Il Signore, fin dalla sua prima apparizione avvenuta il 27 dicembre del 1673, le disse:
«Il mio divino Cuore è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare che, non potendo più contenere in se stesso le fiamme del suo ardente amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi a loro per arricchirli dei suoi preziosi tesori che ti svelerò e che contengono le grazie santificanti».
Da quel giorno Gesù le apparve molte altre volte e durante un’apparizione del 1674 le chiese due cose semplici e concrete:
Comunicarsi tutti i primi venerdì del mese;
Passare un’ora in preghiera tutti i giovedì dalle 23 alle 24, in ricordo delle sue sofferenze nell’Orto degli ulivi per chiedere misericordia per i peccatori.
La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; nel 1856 con papa Pio IX la festa del Sacro Cuore divenne universale per tutta la Chiesa Cattolica.
Le pratiche devozionali più comuni sono:
L’adorazione eucaristica ogni primo venerdì del mese
Le “Litanie del Sacro Cuore”
Il mese di giugno interamente dedicato al culto del Sacro Cuore.
Il culto del Cuore di Gesù iniziò la sua propagazione, su esortazione di papa Pio IX nel 1876, attraverso “Atti di consacrazione al Cuore di Gesù”, a partire dalla famiglia a quella di intere Nazioni ad opera di Conferenze Episcopali, ma anche di illuminati e devoti governanti; tra i quali il presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno (1821-1875).
Fu tanto il fervore che l’intero Ottocento e i primi decenni del Novecento furono dedicati al culto del Sacro Cuore. Di riflesso sorsero numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili.
Tra le principali vi sono: “Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore” fondata nel 1874 dal beato Leone Dehon (Dehoniani); “Figli del Sacro Cuore di Gesù” o Missioni africane di Verona, congregazione fondata nel 1867 da san Daniele Comboni (Comboniani); “Dame del Sacro Cuore” fondate nel 1800 da santa Maddalena Sofia Barat; “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù” fondate nel 1865 dalla beata Caterina Volpicelli.